Che tu sia caco o fico, che tu sia uomo o donna, sei prima di tutto uno sportivo

Ho saputo dai social che, qualche giorno fa durante una call zoom che aveva a tema la Gender Equality nel triathlon, si è infiltrato un hater (o più di uno) e ha lanciato messaggi sessisti e offensivi, creando un assolutamente comprensibile shock nelle donne (e non solo) presenti.

Parlo di messaggio sessista e offensivo perché, se io fossi un uomo, mi sentirei davvero offeso dal trovarmi al cospetto di un essere umano che si permette di augurare di “bruciare” ad un altro essere umano, solo perché appartiene ad un “genere”. Sarebbe come dire ad un caco di spiaccicarsi perché è arancione. Scusate, mi rendo conto che NON è un paragone di grande sensibilità, ma sono così stanca di un certo tipo di comunicazione che come sempre viene fuori il meglio della mia coglionaggine.

Ed è vero che il paragone è infelice, il caco è una cosa, non ha un’anima, una personalità, non è “viva”, non si offende, non rimane delusa, contrariata, dolorosamente sofferente. E’ un caco. Non una donna. Ma chi lancia queste accuse ragiona proprio così: ti odio perché hai le tette e la vagina. Perché appartieni ad un genere. Che è come dire ti odio perché hai la pelle nera, o gialla oppure ancora perché hai i capelli rossi o neri. Oppure perché sei arancione perché sei un caco.

La scelta di essere se stessi

Allora capite bene come tutto questo, l’appartenenza ad un genere, di per sé, non abbia nulla di culturale. Io sono donna perché sono nata così. Non ho scelto di diventarlo.

Posso aver scelto di non credere in nessuna religione, di non iscrivermi agli scout, di essere un’appassionata lettrice, di aver cominciato a fare sport, di amare i cani e non i gatti, la montagna invece del mare. Possono avermi influenzato positivamente (o negativamente) le mie origini, dove sono cresciuta, in mezzo alla nebbia, in provincia e non in una metropoli.

Sicuramente, come ho scritto in un post qualche tempo fa, sono stata “fortunata”. Fortunata perché sono stata cresciuta da un padre che nella gender equality (quella vera) credeva già negli anni 70 e io ho avuto la macchina anche prima di mio fratello (per altro più piccolo), ho sempre avuto la sua stessa libertà e i suoi stessi diritti, e lui ha avuto i miei stessi doveri. In casa Vacchi capitava più spesso che fosse Michele a sparecchiare piuttosto che Caterina, perché Michele era anche molto più diligente. In casa Vacchi i “tu a casa a mezzanotte che sei donna” mentre “tu stai quanto vuoi perché sei maschio” non si sono mai sentiti. Erano talmente assurdi ai miei occhi che io arrivavo a non capacitarmi potessero esistere, idee così, quando certe amiche mi citavano situazioni di chiara disparità coi fratelli maschi.

Dico che sono stata fortunata perché i genitori non si scelgono, ti capitano quelli che il destino tira fuori per te, in compenso come sono stata cresciuta mi ha portato a scegliere, evidentemente, e a circondarmi di uomini rispettosi o semplicemente più intelligenti di chi crede che si debba odiare un caco perché è arancione. Perché è di intelligenza che si parla, se odi una cosa per come è, per natura, sei semplicemente stupido, non c’è molto altro da dire.

Detto questo io ho “scelto” la mia vita da un certo punto di vista in poi, ma non ho scelto di essere donna.

Facciamo la stessa fatica, meritiamo gli stessi premi. NON SI DISCUTE. Che tu sia caco o fico, in salita sputerai sempre sangue

E allora io posso starti sulle scatole perché parlo in un certo modo, perché dico le parolacce come uno scaricatore di porto, perché odio il Piccolo Principe (e lo so che vi piace tanto, ma io proprio non lo sopporto), perché ascolto le canzoni di Guccini e persino per certe idee politiche. Io posso capire anche un certo tipo di acredine da stadio, sono tifosa e sono milanista, ho cantato anche io “chi non salta juventino è” e “Milano siamo noi”. Posso persino comprendere in certi momenti della vita l’alzata di voce e il confronto su idee importanti, su cui ognuno di noi ha un’opinione forte. Ho avuto, una volta, un lungo scambio con un’amica sul diritto all’aborto, è stato duro e caldo in certi momenti, con qualche urlata, ma siamo rimaste amiche, perché ci stavamo confrontando su UN PENSIERO!

Ecco la differenza. Io posso pensarla diversamente da te. Ma non posso diventare ciò che non sono. Non posso decidere domani di diventare un UOMO e per questo motivo non è accettabile che tu, chiunque tu sia, mi insulti. Insultare qualcuno per idee diverse dalle proprie è già un esempio di scarsa civiltà e intelligenza, chi insulta qualcuno per quello che è, a mio parere, paragonabile ad un essere monocellulare.

Io appartengo alla genere femminile perché, dice la scienza, il cromosoma portato da un certo spermatozoo era x e non y.

Non sto dicendo che potendo rinascerei uomo. Sono felice di quello che sono. Sia chiaro. Ma sia chiaro che non l’ho scelto.

Allo stesso modo, proprio perché essere donna non è una scelta, fatico un po’ a farne una bandiera.

Se non ti piacciono perché sono un caco e sono arancione allora deve mancarti qualche neurone 😂

E di nuovo: non fraintendetemi, sono secoli che combatto non solo per gli stessi diritti (il gap che abbiamo ancora sui salari è assurdo), ma anche perché in comunicazione, che è il mio lavoro, si veda la fine di certi stereotipi di genere che imperversano su social, pubblicità e contenuti. Per vivere faccio la produttrice di contenuti per bambini, sono i nostri “giovanissimi” quelli che dovrebbero essere cresciuti liberi da certi cliché e sta a noi, che creiamo i “loro” contenuti, farlo senza pregiudizi e paraocchi.

Qualche mese fa abbiamo vinto, con una delle nostre ultime produzione in animazione (un cartone animato per capirci, il Diversity Award, l’oscar dell’inclusione, per il modo in cui abbiamo rappresentato 3 eroine femminili in modo originale senza stereotipi di genere. E’ stato una delle soddisfazioni più grandi della mia carriera perché, vi assicuro, ho dovuto lottare con tutti e avere 100 occhi per evitare di scivolare nei soliti cliché delle “cose da femmine”.

Insomma nella mia vita le battaglie quotidiane sulla gender equality le combatto e non intendo mollare neanche di un millimetro, ma rimango dell’idea che i migliori risultati si ottengano, in questo senso, un passo alla volta, con il lavoro quotidiano, rifiutando un certo tipo di trattamenti, rompendo la rappresentazione di stereotipi, senza cedere ad un certo tipo di bacchettoneria (se combatti per i diritti delle donne non puoi andare in giro in minigonna altrimenti non sei credibile… 😩😩😩), senza scivolare in certa retorica (noi donne siamo meglio).

Perché in fondo non lo abbiamo scelto, appunto. Di essere donne, e quindi di essere meglio (per chi crede queste castronerie), quindi dove sta il merito?

Qualche giorno fa Rouleur (una storica rivista di ciclismo) ha pubblicato un intero numero sulle donne, attenzione non scritto interamente da donne e neanche per le donne, ma sulle donne. Perché, e lo ripeto per l’ennesima volta, non è il genere della protagonista che fa il target di una storia, ma il genere DELLA storia

Rouleur ha fatto una copertina molto coraggiosa (click qui se volete vederla): una bocca di donna molto sensuale. Ma senza alcun significato sessista. Il direttore ha affermato che la scelta è ricaduta su quella foto perché la bocca è il modo in cui noi donne, in quanto esseri umani, esprimiamo i nostri pareri, non uno strumento di seduzione.

La bocca di una donna non è uno strumento di seduzione, è il mezzo in cui esprime le proprie idee, la propria personalità. La bocca di una donna, quando si apre in un sorriso è anche lo specchio della sua felicità

Ecco cerchiamo di essere un po’ più come Rouleur, concretezza, storie vere, scritte da uomini e donne, per uomini e donne, con scelte coraggiose ma normali, perché la libertà e diritti, oggi, passano per la normalità del quotidiano. Quando potremo mettere, come ha fatto Rouleur, una foto della bocca di una donna in copertina senza dover spiegare perché NON è una scelta sessista, allora saremo davvero arrivati alla parità di genere.

Perché che tu sia caco o fico, non è una tua scelta.

Ma è una tua scelta che caco e fico siano trattatati equanimemente, giorno dopo, giorno, in tutti gli aspetti della vita

Io credo che nel triathlon questo già accada. Le donne hanno gli stessi premi, tantissimi incentivi, molte donne sono dirigenti o presidenti di società, giudici e dirigenti federali. Le donne sono atlete fortissime e, in assoluto, a livello mondiale, è una donna ad essere tra i più pagati professionisti.

L’importante ora è solo che chi ancora crede di poterci insultare perché siamo donne venga considerato un imbecille e nulla più.

Non posso scegliere di essere caco o fico, uomo o donna, posso scegliere che entrambi abbiano gli stessi diritti

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